EVENTO CIRS SU FEMMINICIDIO: STOP IPOCRISIE. UN ANNO DI LAVORO CON GRUPPO ZERO

MESSINA, 9 MAGGIO 2018 – «Non basta comunicare alle donne che ci siamo, che le proteggiamo, che ne abbiamo cura e possiamo disegnare un percorso di reinserimento nella società se la violenza subita le ha escluse. Occorre fare di più!». E’ stato questo il comune denominatore al convegno “Dalle parole ai fatti: la parola alle donne” organizzato dal Cirs di Messina lunedì 8 maggio al Palacultura e moderato dalla giornalista Elisabetta Reale.

Lo hanno ricordato la presidente Maria Celeste Celi e la vicepresidente Aurora Notarianni per centrare il significato stesso del convegno che ha voluto celebrare un anno di lavoro del Gruppo Zero, rete regionale tra centri antiviolenza, sportelli di ascolto, case rifugio, che si pone come obiettivo il contrasto alla violenza di genere, la tutela della donna e il cambiamento sociale.

«Tutti gli operatori qui presenti – ha salutato la presidente Celi – i responsabili delle comunità, i volontari dei centri d’accoglienze, noi del Cirs comprese, facciamo un lavoro che dire stressante e logorante è poco: vivere costantemente con donne e bambini che hanno subito violenza, interagire coi loro partner, padri mariti fratelli, che spesso hanno causato il danno è una cosa difficilissima oltre che altamente a rischio. Questo importante servizio non è valutato, valorizzato, implementato. Peggio, siamo costrette a combattere e a chiedere elemosine per un servizio prezioso per il quale le istituzioni in prima battuta e la società tutta dovrebbero ringraziarci, e non solo per motivi etici ma anche economici relativamente alle economie che centri gestiti dall’associazionismo riescono ad effettuare sui bilanci sociali. Non facciamo rumore per questo, perchè il rumore e la pubblicità non giovano alle nostre ospiti che mai strumentalizzeremmo, ma dobbiamo uscire dal sistema del “chiedere favori” ed entrare nella strada dei diritti costituzionali».

Maria Celeste Celi ha concluso poi ricordando che il lavoro più grande va fatto sugli uomini. «Oggi in Italia si contano 44 centri per gli uomini, centri in cui si lavora per renderli più consapevoli, facendogli superare convinzioni e luoghi comuni a cui purtroppo sono radicati. La nostra esperienza ci porta a ritenere indispensabile l’azione sui padri, i fratelli, i compagni che spesso nonostante i crimini commessi restano e continuano ad interagire con e vittime».

A sostenere questa tesi la testimonianza di tre donne – Giovanna Zizzo, Grazia Biondi e Vera Squatrito (nei video in basso) – che hanno saputo trasformare la loro drammatica esperienza di violenze in una battaglia al fianco di chi cerca ancora il coraggio per reagire. Una battaglia che può trovare due validi alleati: il piano nazionale anti violenza per il prossimo triennio e i fondi previsti.

Grazie alla legge 119 del 2013, a partire dal 2014 il Governo italiano sostiene infatti l’apertura di nuovi centri antiviolenza e case rifugio, nonché il potenziamento di quelli esistenti, trasferendo risorse alle Regioni e alle Province autonome con cadenza biennale o annuale.

Le risorse disponibili, che la legge ha previsto in 10 milioni di euro l’anno, sono in costante aumento e dal 2018 saranno triplicate grazie alla recente legge di bilancio, superando i 30 milioni di euro. L’utilizzo dei finanziamenti ha comportato un significativo aumento delle strutture a sostegno delle vittime: nel 2013 i Centri antiviolenza erano 188 e le Case rifugio 163, mentre in base all’ultima rilevazione di ottobre 2017, sono arrivati, rispettivamente, a 296 e 258.

Eppure, a fronte di tutto ciò, il Cirs di Messina si trova oggi ad affrontare una sfida prioritaria per la “salvezza” della casa famiglia che da trent’anni ospita donne vittime di violenza con i loro bambini. L’Ipab proprietaria della struttura ha messo in vendita e il Cirs ha bisogno della solidarietà di tutti per riuscire a comprare lo stabile, strappandolo a possibili speculazioni edilizie e privando così la città di una struttura che da decenni combatte al fianco di donne in stato di bisogno.

Inutile dispiacersi guardando in tv quando succede la tragedia se poi non si dà un aiuto concreto quando invece c’è la possibilità di fare davvero qualcosa e di sostenere una sfida prioritaria che non è solo del Cirs, come ha ammonito la vicepresidente Aurora Notarianni, ma di tuttà la città.

Perchè «la violenza si combatte soltanto se le forze si uniscono, se tutti insieme diciamo all’unisono basta».

Lo ha spiegato bene anche Mirella Miroddi, assistente sociale, responsabile della Casa Famiglia La Glicine del Cirs che ha tracciato un bilancio delle attività del Gruppo Zero ad un anno dalla nascita. Il Gruppo Zero nasce proprio dall’esigenza di fare rete. «L’idea iniziale – ha spiegato Miroddi – era di semplice conoscenza delle risorse che nel territorio si spendono in favore di donne e bambini, affinchè possano ritrovare serenità, accoglienza, giustizia e pari dignità. Pian piano si è modificata, in quanto attraverso gli incontri che da subito si sono organizzati, è nata una nuova consapevolezza: occorreva non solo avere una esatta mappatura delle risorse messe in campo ma bisognava andare oltre e discutere e rivedere all’interno di ogni associazione, prassi e metodologie di lavoro adottate per la presa in carico della donna vittima di violenza. Ma soprattutto – ha chiarito – occorreva discutere di coinvolgimento delle istituzioni perché tra le problematiche riscontrate dalle associazioni la maggior parte riguardava proprio l’assenza istituzionale, ormai inaccettabile, soprattutto da parte degli enti locali che invece devono essere in prima linea nella lotta alla violenza ed i responsabili della presa in carico delle vittime e dell’attivazione delle risorse per la fuoriuscita dalla spirale della violenza».

Incontro dopo incontro si stila così il progetto del gruppo Zero. Con 4 obiettivi: la creazione di percorsi di formazione comune; la creazione di buone prassi e sinergie per avviare una comune metodologia di lavoro nella presa in carico delle vittime; l’ottimizzazione delle risorse del territorio; la possibilità di rappresentare nelle sedi istituzionali le difficoltà delle donne vittime e dei centri che operano nella protezione delle stesse, stimolando il cambiamento di approccio, stimolando anche politica e istituzioni al fine di attuare azioni concrete per il contrasto alla violenza di genere, superando la frammentarietà degli interventi per una presa in carico globale. «Per questo – ha continuato la dottoressa Miroddi – abbiamo provato ad estendere la rete quanto più possibile, cercando di coinvolgere tutte le associazioni che in Sicilia operano anche se non tutti hanno aderito, ritenendo il piano inadeguato in virtù della diversità delle associazioni. Gruppo Zero percepisce invece in questa diversità una grande risorsa, un arricchimento. Vuole essere una rete operativa, non vincolante, ma la rilevanza del fenomeno dei femminicidi (viene uccisa una donna ogni 60 ore) ci impone di adottare anche linee comuni di intervento. Del Gruppo fanno parte, per il momento, 26 associazioni».

Un ringraziamento in particolare è stato rivolto poi all’assessore alla Famiglia e ai Servizi sociali della Regione, Mariella Ippolito, presente all’incontro, che sin dal suo insediamento ha supportato ed è diventata parte integrante del Gruppo Zero. La collaborazione permetterà di attivare percorsi formativi, con l’erogazione di Borse lavoro. E a proposito di disponibilità occorre ricordare anche quella di Francesco Arena, artigiano e maestro panettiere che si è reso disponibile ad avviare un percorso formativo delle ospiti della Casa Famiglia La Glicine del Cirs.

Presenti all’incontro anche il prefetto di Messina, Maria Carmela Librizzi, il questore Mario Finocchiaro,il comandante provinciale dei carabinieri, Iacopo Benincasa Mannucci, il colonnello Vincenzo Tomei della Guardia di Finanza ma anche Fulvio Giardina e Maria Baronello, rispettivamente presidente dell’Ordine degli Psicologi della regione e consigliera dell’Ordine professionale degli Assistenti sociali che hanno patrocinato il convegno, ma anche il procuratore generale della Corte d’appello di Messina, Vincenzo Barbaro. «Educate all’ascolto, combattere il degrado culturale, monitorare le strutture giudiziarie su quelli che vengono definiti reati sentinella – l’invito del procuratore  Barbaro – per riconoscere situazioni di rischio. I numeri in città sono in crescita, per stalking dal 2013 al 217 vi sono stati da 124 a 240 procedimenti, da 134 a 200 quelli per maltrattamenti. Ma è necessario avere fiducia nelle istituzioni e mettere in atto una sempre più ampia collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti». Al convegno hanno relazionato Daniela Grasso, psicologa e psicoterapeuta dell’Asp 5 su “Linee guida del Cismai sugli esiti della violenza assistita dei bambini”, Rosalba Turrigrossa della cooperativa Etnos di Caltanissetta sul “Progetto Ali di Farfalla servizio uomini maltrattati”, Veronica Di Perna dell’associazione La Clessida di San Piero Patti su “Presentazione della ricerca relativa ai servizi sulla violenza di genere, percezione del problema e aspetti critici della presa in carico delle vittime nei servizi pubblici”, l’avvocato Gianna Palacino dell’associazione “Il Filo di seta” di Vittoria su “Ordini di protezione contro gli abusi familiari in materia civilistica e tutele dei minori” e l’avvocato Concetta La Torre dell’associazione “Al tuo fianco” di Santa teresa su “Legge 11 gennaio 2018 n.4 Disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici, dalla legge alla sua applicazione”.

 

Di seguito le testimonianze di Giovanna Zizzo, Vera Squatrito e Grazia Biondi